CHIESA DI SANTA MARIA DELLA FORESTA
Presso la contrada Foresta, in località Vadari, nel comune di Castelvenere, si trova questa chiesa edificata nel 1458, come attesta una epigrafe, su un preesistente tempio basiliano. Nella chiesa si custodiva un quadro della Madonna Theotocos, dipinta su legno, secondo la tecnica bizantina. Il quadro, rubato nel 1974, fu sostituito da una copia, venerata dai fedeli quanto l'originale. I luoghi in cui sorge la chiesa sono legati alla vita di San Barbato che, secondo la tradizione, sarebbe nato tra il 602 ed il 603 a Vadari, appartenuta alla contea di Cerreto, e dove avrebbe trascorso la sua infanzia. Ordinato sacerdote e diventato rettore della chiesa di San Basilio di Morcone, Barbato arrivò poi a Benevento. Le fonti da cui si ricavano le scarse notizie sulla vita e sull'opera del santo sono la "Vita Barbati Episcopi" e il ciclo di affreschi della cripta del duomo di Benevento. L'opera di evangelizzazione di questo santo, che fu vescovo di Benevento, è legata alla conversione al Cristianesimo delle genti longobarde, che erano arrivate a conquistare il Sannio nel VI secolo d.C.. I Longobardi elessero Benevento a capitale del loro ducato e nel territorio sannita, che avevano conquistato, per lunghi anni restarono fedeli ai loro culti pagani, venerando il simulacro di una vipera ed un albero sacro. L'opera di San Barbato è illuminante nella storia piuttosto lacunosa della chiesa meridionale del VI secolo, travolta dagli avvenimenti della guerra greco-gotica e quindi dall'invasione dei Longobardi, che nel 580 avevano distrutto anche il monastero di Montecassino. Con San Barbato la chiesa riemerge dal periodo di "clandestinità" in cui l'avevano relegato gli avvenimenti storici avversi. In un convegno svoltosi a Castelvenere il 27 febbraio 1999, dedicato a San Barbato, nel suo intervento il relatore prof. Carmelo Lepore ha così riassunto l'azione pastorale di Barbato, individuandone tre momenti successivi:
- "la liberazione della città dall'assedio delle truppe di Costante II, che il "santissimo Padre" ottiene da Dio ricorrendo all'intercessione della piissima Dei genitrix Maria…";
- "lo sradicamento dell'albero "votivo", intorno al quale i guerrieri longobardi celebravano i loro stulta vota…";
-"la distruzione e conseguente fusione (in un calice)…del simulacro della vipera, che il duca Romoaldo e il suo comitatus continuavano ad adorare segretamente anche dopo la conversione".
La grande ricompensa per l'opera di intercessione di Barbato fu l'elezione a vescovo e l'estensione della giurisdizione ecclesiastica della chiesa di Benevento sull'importantissimo santuario di San Michele sul Gargano oltre che sulla Chiesa di Siponto, distrutti dall'imperatore Costante, prima dell'assedio di Benevento. Adolfo De Blasio così descrive la conversione di Romoaldo, duca longobardo di Benevento: "Molta parte spiegò S. Barbato per la conversione e il buon governo del Duca Romoaldo. L'occasione fu l'assedio posto a Benevento dall'Imperatore Costante, venuto in Italia da Costantinopoli per rivendicare le terre tolte ai Goti da Belisario e da Narsete, con tanto spargimento di sangue. Sbarcato a Taranto, espugnò Acerenza, sottomise Lucera, retrocesse a Siponto del quale si impossessò radendolo al suolo e coinvolgendo nelle sue rovine il Santuario di S. Michele, al Gargano; piombò su Benevento, cinse la città di rigoroso assedio, così da non farvi entrare né foraggio né alcuna vettovaglia. I giorni passavano; l'aiuto sperato dal padre Grimoaldo, re d'Italia, non arrivava; il popolo sentiva il disagio e la fame. In mezzo a così certo imminente pericolo, ecco l'apostolo S. Barbato. Con parole infuocate, esorta il popolo a convertirsi e ad avere fiducia nell'aiuto della Madonna. Egli prega, ha una visione. Conduce Romoaldo alle mura di cinta della città, dove anche il duca vede la Madre di Dio tutta smagliante di luce, terribile come oste schierata in campo contro il nemico. Il greco imperatore, che da un momento all'altro aspettava impaziente la resa della città e già sognava un immenso bottino, considerando che l'esercito, già in marcia, di Grimoaldo gli avrebbe preclusa la ritirata verso Napoli, sciolse l'assedio, portando seco solo la sorella del duca. Ma iuxta fluenta Caloris, nei pressi della terra natia di S. Barbato, oggi Castelvenere, l'esercito greco ebbe la peggio, e potè appena salvarsi ritirandosi a Napoli. S. Barbato, ancora semplice sacerdote, ottenendo da Dio la liberazione di Benevento, risparmiò tanti dolori alle popolazioni della valle telesina".