Il ponte dell’Occhio risale al III secolo a.C. Costruito sul torrente Titerno, consentiva le comunicazioni tra le popolazioni della zona. E’ a due volte, di cui una maggiore che abbraccia il letto del Titerno e una minore verso il monte. A lato di quest'ultima i restauri del 1860, (resisi necessari dopo una forte alluvione), aprirono un’altra piccola volta a rafforzare il muro pieno ch'era pericolante e modificarono dal quel lato la forma del ponte: prima la via degradava secondo un andamento curvo verso la montagna, ora il ponte ha un profilo orizzontale.
La larghezza complessiva del ponte è di circa un metro e mezzo (ovvero 4 piedi osco-italici e 5 piedi romani: un piede osco-italico misura m. 0,275, mentre un piede romano e di m.0.296. Fino al IV secolo i romani adottarono il piede osco-italico). Da questa ampiezza molto ridotta si deduce che presumibilmente per i Romani il ponte di Faicchio (perduta la funzione strategico-militare che aveva avuto per i Sanniti) ebbe soprattutto una funzione annonaria: le vie romane si dividevano, infatti, in due grandi categorie: vie militari (senatorie, consolari, pretorie) ampie e spaziose per consentire il passaggio delle legioni e vie annonarie, meno ampie delle precedenti che innervavano tutto il territorio romano collegandosi alle vie militari. Quest’ultime erano le strade che servivano per il trasporto delle derrate alimentari, pertanto la loro ampiezza doveva poter consentire almeno il passaggio di un carro, come questa del ponte di Faicchio. Il ponte poggia su pilastri poligonali e l’intera struttura è in cotto e pietrame con le pareti in opus reticulatum


PROFILO STORICO (di A. Maiuri)
Il ponte dell’Occhio fu ricostruito dai romani, in età tardo-repubblicana, sulle fondazioni di un precedente ponte sannita. "Perché le fortificazioni avanzate del Monte Acero fossero strategicamente collegate con le fortificazioni dell'Arce di Faicchio (per i Sanniti) era necessario un ponte sul profondo letto incassato del fiume Titerno che le piogge e lo scioglimento delle nevi rendevano e rendono tuttora per alcun tempo dell'anno inguadabile. Il ponte, in origine soltanto ligneo e sollecitamente distruggibile per le necessità urgenti ed immediate di una disperata difesa doveva occupare lo stesso luogo dell'attuale ponte romano che sorpassa il Titerno, nel punto più stretto ed incassato del torrente. Il ponte romano, (che la tradizione locale erroneamente riferisce come tanti altri monumenti della regione, alla sosta e alle operazioni di Fabio Massimo in questa parte del Sannio), merita un cenno per la sua ancora buona conservazione e per la singolarità della sua costruzione, che unisce la tecnica poligonale al rivestimento in cortina laterizia ed all'opera a sacco. Il ponte, attualmente a due luci, di cui la maggiore ad arco a tutto sesto costituisce la vera e propria arcata che sorpassa il letto roccioso del Titerno, poggia su due speroni di roccia il basamento dei suoi piloni costruiti in opera perfetta di struttura poligonale innestati saldamente sul banco di calcare: sotto il pilone di sinistra l'opera poligonale non investe tutto il piano di fondazione, ma si limita al fronte interno dell'arcata principale, ed è completata per il resto da una platea in opera cementicia. Al di sopra del basamento poligonale si sviluppa l'arcata centrale in opera a sacco, con rivestimento dell'arco e dei pilastri in mattoni ed interposto specchio in pseudoreticolato fra i due archi maggiore e minore. E' inoltre da tenere presente nello studio di questo ponte antico sul Titerno la singolare circostanza che ci offre proprio al di sotto delle mura di rozzo e primitivo poligonale che coronano le alture del Monte Acero, un bello e tipico esempio di poligonale strutturalmente perfetto nella sua tecnica progredita”.